Mascalcia

Un caso di tarlo

Di tarlo si è già parlato altre volte ma purtroppo continua ad essere una patologia del piede che preoccupa molti proprietari e a ragione perchè, come dimostrano le immagini, gli effetti dell'onicomicosi (nome scientifico dell'affezione che significa malattia fungina dell'unghia) possono essere devastanti. (Vedi foto 1)
Le immagini che seguono dimostrano però che con pazienza e perseveranza, anche i casi più drammatici possono portare ad una risoluzione completa, insomma ad un lieto fine.

La causa del tarlo, anche chiamata formichella, malattia della linea bianca, mal d'asino (gli asini e i muli erano molto soggetti all'onicomicosi) è una combinazione di funghi e batteri che intaccano lo strato profondo della parete cornea dello zoccolo a livello della linea bianca che divide la parete dalla suola.
Trattandosi di tessuti cornei insensibili si spiega l'insidia di quest'infezione: il cavallo non sente dolore finchè il distacco della parete dalle lamine che connettono saldamente lo zoccolo all'osso del piede non sia progredito a tale punto che l'osso del piede non cominci a scendere giù verso la suola (analogamente a quanto avviene nella laminite). (Vedi foto 2)
Dall'esterno la muraglia può apparire integra ma internamente viene lentamente ma inesorabilmente digerita dai funghi e batteri: naturalmente qualche segno c'è sempre nel distacco a livello della linea bianca, tra suola e parete, che però si può osservare e sondare per la sua profondità soltanto con il piede sferrato.
E' soprattutto l'occhio vigile del maniscalco che deve scoprire il male appena si manifesta e quando ancora le zone colpite sono poco profonde ed estese, disinfettandoli con rigore ed eventualmente apprendo le zone per facilitarne la terapia anti funghina.
I funghi sono particolarmente difficili da combattere perchè formano spore che sono molto resistenti ai trattamenti antisettici.

Quando però il maniscalco non viene chiamato per lunghi periodi, com'era il caso per il cavallo di queste immagini, il tarlo può progredire fino alla corona e su un fronte molto ampio.

In questi casi è imprescindibile essere radicale nell'asportazione di tutta la parete “vuota”, distaccata, per poter ripulire con l'aiuto di una fresa e dei coltellini tutto il materiale corneo polveroso, grigiastro invaso dai funghi, fino a stabilire una netta demarcazione con la parete e le lamine sane.
La zona portata così allo scoperto dovrà poi venire regolarmente trattata con prodotti fungicidi preferibilmente penetranti e coloranti.
Ad ogni successiva visita del maniscalco o veterinario dovrà essere di nuovo esplorata con la fresa questa linea di demarcazione per assicurarsi che non ci sia qualche nuovo piccolo focolaio con tendenza a risalire sotto la muraglia restante.
Avendo usato dei prodotti coloranti (per esempio il blu di genziana) questi nuovi focolai s'identificano con più facilità. (Vedi foto 5 - 8)

L'errore più frequente, infatti, nella cura di casi gravi d'onicomicosi, sta proprio nel considerare sufficiente una prima pulizia radicale e di non continuare a controllare attentamente il margine della resezione per nuovi piccoli segni di tarlo.
Anche una ricostruzione della zona mancante con resine è generalmente da sconsigliare perchè non permette ulteriori controlli, anche se è d'effetto estetico migliore che lasciare la zona scoperta.

Un'altra componente importantissima nella terapia di piedi dove si è dovuto asportare una parte grande della parete è di aumentare la stabilità dell'osso del piede rispetto alla scatola cornea parzialmente rimossa, tramite un appoggio forte alla parte posteriore della suola, barre e fettone.

Ideale a questo scopo è un ferro con una lamiera larga saldata nella sua parte posteriore, lamiera che serve a sostenere una massa di silicone del tipo usato dagli odontotecnici per fare le impronte dentarie.
Questo silicone indurisce in pochi minuti ed è abbastanza consistente da sostenere le barre e il fettone modellandosi perfettamente a queste strutture.
Realizzando una serie di fori nella lamiera l'eccesso di silicone potrà fuoriuscirne a mano che s'inchioda il ferro allo zoccolo. (Vedi foto 6)
Una volta che il difetto sia cresciuto giù per almeno ? dell'altezza della parete non ci sarà più bisogno di usare un appoggio sul fettone e si può ferrare il cavallo in forma più normale, senza pero piazzare delle barbette direttamente sopra il difetto rimanente.

Hans Castelijns D.V.M. - Certified Farrier
Medico Veterinario - Maniscalco

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